I primi dati Istat confermano la definitiva ripresa del settore turismo (+45,5% di presenze). Un trend che farà del 2023 l’anno del pieno recupero dei livelli pre-pandemici
AGI – I primi dati provvisori del 2023, riferiti al bimestre gennaio-febbraio, sembrano confermare la definitiva ripresa del settore turismo (+45,5% le presenze complessive rispetto allo stesso bimestre dell’anno 2022), con una crescita rilevante sia delle presenze straniere (+70,5%) sia di quelle domestiche (+28,8%). Se i dati relativi ai prossimi mesi confermeranno questa tendenza, sarà possibile registrare nel 2023 il pieno recupero – e persino il superamento – dei livelli pre-pandemici (nel bimestre gennaio-febbraio 2023 rispetto allo stesso periodo del 2019 le presenze degli italiani sono in aumento del +4,8%, mentre quelle straniere del +3,5%).
Lo ha affermato Sandro Cruciani, Direttore della Direzione Centrale per le statistiche ambientali e territoriali, nel corso dell’audizione alla Commissione attività produttive della Camera sul Piano strategico del turismo. Secondo i dati – ancora provvisori – relativi al 2022, l’incremento annuo delle presenze è stato pari a +39,3% rispetto al 2021; ad esso hanno contribuito soprattutto il recupero del turismo inbound (la clientela residente all’estero), componente della domanda che era stata maggiormente penalizzata dalla pandemia (le presenze dei clienti non residenti sono cresciute del +84,8% e quelle dei residenti del +12,9% rispetto al 2021), e l’eccezionale resilienza della stagione estiva.
Il bilancio consuntivo del 2022 fa registrare, tuttavia, ancora un numero di presenze inferiore – di circa 34 milioni di unità – a quello osservato nel 2019 e un saldo pari a -7,8% (-11,1% le presenze della clientela estera e -4,4% quelle della clientela italiana).
Il confronto con il resto d’Europa
Nel confronto con gli altri Paesi dell’Unione europea, l’Italia si conferma in quarta posizione per numero di presenze nel 2022 (il 14,5% di quelle registrate nell’intera Ue in quell’anno), dopo Spagna (16,6%), Francia (16,3%) e Germania (14,7%). Se complessivamente – in termini di variazione delle presenze rispetto al 2019 – il bilancio del nostro Paese è inferiore alla media dell’Ue (-7,8% contro il -5,1%), ciò sembra dovuto alle performance della componente domestica della clientela (-4,4% per l’Italia contro +0,6% della media Ue), la quale in proporzione ha scontato una maggiore difficoltà di ripresa rispetto alla componente inbound (-11,1% per l’Italia contro -11,6% dell’Ue).
L’Italia si colloca, del resto, al secondo posto tra i paesi dell’Ue per numero di presenze straniere, dopo la Spagna; come quota di mercato, i flussi inbound rappresentano il 48,6% del totale delle presenze nelle strutture ricettive del nostro Paese, valore quasi tornato ai livelli pre-pandemia e che, seppur inferiore a quella della Spagna (60,2%), è superiore a quello relativo alla media dell’Ue (44,1%) e agli altri maggiori competitor europei (Francia 27,9% e Germania 16,9%).
Le località italiane più resilienti
L’Istat ha osservato che 21 “brand turistici” territoriali, cioè luoghi caratteristici e fortemente riconoscibili a livello internazionale, hanno saputo rispondere alle crisi del 2020-21 in modo migliore rispetto al resto d’Italia. Il Lago di Garda, la Valle d’Itria, le Langhe e il Roero, le Cinque Terre, il Salento, la Maremma toscana e laziale, la Val Gardena, il Lago Maggiore e il Gargano e le Isole Tremiti si posizionano su livelli superiori a quelli del periodo pre-pandemico, con incrementi che si attestano tra i 2 e i 6 punti percentuali; territori come la Riviera dei fiori, la Val di Fassa e Val di Fiemme, il Lago di Como e la Val Pusteria confermano sostanzialmente i flussi turistici registrati nel 2019.
Anche le aree che ancora soffrono il contraccolpo della pandemia, come la Gallura e Costa Smeralda, la Costiera amalfitana, il Chianti e la Costiera sorrentina e Capri, hanno registrato rispetto al 2021 tassi di crescita di gran lunga superiori alla media nazionale.
I piccoli borghi e le grandi città
“Altro segmento turistico di particolare interesse” è quello dei 350 borghi dell’Associazione dei borghi più belli d’Italia, la cui performance turistica risulta nettamente migliore della media nazionale: “in questo piccolo universo molto specializzato le presenze del 2022 hanno superato i livelli 2019 del 13,7%”. La categoria delle “Grandi città” (composta dai 12 comuni italiani con più di 250mila abitanti) ha mostrato decisi segnali di ripresa rispetto al 2021, con un incremento delle presenze pari al 104,4% contro il +39,3% medio nazionale – questa è anche la categoria che ha tuttavia subito le maggiori perdite durante il periodo pandemico e che ancora non ha raggiunto i livelli del 2019 (-21,0% contro il -7,8% della media nazionale).
Tra i comuni che registrano maggiori incrementi rispetto al 2021 ci sono quelli con vocazione montana e con turismo termale (rispettivamente +46,8% e +43,2%). Anche i comuni a vocazione culturale, storica, artistica e paesaggistica mostrano una variazione delle presenze allineata alla media nazionale (+39,3%), mentre incrementi più contenuti si registrano nei comuni culturali con due o più vocazioni (+33,3%), nei comuni del turismo lacuale (+29,7%) e nei comuni con vocazione marittima (+21,1%).
Confrontando i dati con quelli del 2019, i comuni a vocazione marittima (-3,3%) e i comuni culturali con due o più vocazioni (-3,7%), seppur con livelli ancora inferiori rispetto al periodo pre-pandemico, fanno registrare valori migliori rispetto alla media nazionale (-7,8%), seguiti a distanza dai comuni a vocazione culturale, storica, artistica e paesaggistica (-5,4%) e dai comuni a vocazione montana (-6,5%). Il Piano strategico del turismo, secondo l’Istat, deve fare azioni volte a sostenere segmenti più tradizionali e rendere più attrattivi i segmenti emergenti.
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Fonte: agi.it